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Il giorno che Neil sbarcò sulla luna c’era pure Buzz Aldrin, anche se nessuno se lo ricorda

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Tutti – compreso Edoardo Bennato – si ricordano solo di Neil Armstrong. Tutti si ricordano le sue parole: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità” (una volta Armstrong ha spiegato a Enrico Franceschini come gli era venuta in mente quella frase).
Nessuno (tranne Emanuele Menietti) si ricorda di Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla luna, l’uomo dietro la macchina fotografica che scatta le immagini di Neil Armstrong.

A lui lo scrittore Johan Harstad si è ispirato per il suo bellissimo libro “Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?”, che cito spesso perché è uno dei 5 libri più belli che io abbia mai letto, e valeva la pena cogliere l’occasione dei 50 anni dallo sbarco sulla luna per citarlo ancora una volta.

“Dov’eri tu quel giorno, novantasette anni precisi dopo la nascita di Roald Amundsen, cinquantuno dopo che l’ultimo zar fu giustiziato dai bolscevichi? Dov’eri alle 14 e 32, ora norvegese, quando il razzo Saturno V si accese e sollevò in aria l’Apollo 11 con Aldrin a bordo, dov’eri alle 14:33, quando il razzo aumentò la velocità a undici chilometri al secondo e Aldrin aveva solo 88 pulsazioni al minuto? Avevano perfino del bagaglio sovietico con sé. Le piastrine dei defunti cosmonauti Yuri Gagarin e Vladimir Komarov. Armstrong aveva un nastro di musica per theremin che sua moglie amava tanto. Aldrin aveva le foto dei suoi bambini e ramoscelli d’ulivo d’oro da regalare al ritorno. Dov’eri tu il 20 luglio 1969, alle 21:17:42, ora norvegese, quando l’uomo atterrò sulla luna? Cinquecento milioni di persone erano davanti allo schermo della televisione. Ancora di più davanti alla radio. Io ero tra le gambe di mia madre. Dov’eri tu quando il secondo uomo uscì dall’Eagle e si avventurò sul Mare della Tranquillità, alle 04:15? Avevi spento la tivù? Eri andato a dormire? Allora ti sei perso Buzz Aldrin che camminava sulla luna. I suoi stivali affondavano di tre millimetri nella superficie polverizzata, io ero sdraiato su un tavolo e non sapevo niente. Di tutti i miliardi di persone che sono vissute, Buzz Aldrin fu il secondo uomo a mettere piede sulla luna, il 21 luglio 1960 mentre la sua famiglia, trecentottantamila chilometri più in basso, guardava papà alla tele, nella sua tuta spaziale, lo guardava cercare di descrivere quel che vedeva. Magnificent. Magnificent desolation. Disse Aldrin. Forse la più bella descrizione di un panorama al mondo.” 

 

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